Ricorso della regione Trentino-Alto Adige, in persona del Presidente della Giunta regionale pro-tempore dott.ssa Margherita Cogo, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n. 704 del 22 giugno 1999 (all. 1), rappresentata e difesa - come da procura speciale del 28 giugno 1999 (rep. n. 2906) rogata dall'ufficiale rogante avv. Franco Conci, segretario della Giunta regionale della regione Trentino-Alto Adige (all. 2) - dagli avvocati Giandomenico Falcon di Padova e Luigi Manzi di Roma, con domicilio eletto in Roma presso lo studio dell'avv. Manzi, via Confalonieri n. 5, Contro il Presidente del Consiglio dei Ministri per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 10, comma 1, del d.lgs. 17 maggio 1999, n. 153, "Disciplina civilistica e fiscale degli enti conferenti di cui all'art. 11, comma 1, del d.lgs. 20 novembre 1990, n. 356, e disciplina fiscale delle operazioni di ristrutturazione bancaria, a norma dell'art. 1 della legge 23 dicembre 1998, n. 461", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 125 del 31 maggio 1999, in quanto assegna al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica la vigilanza sulle fondazioni "finche' ciascuna fondazione rimarra' titolare di partecipazioni di controllo, diretto o indiretto, in societa' bancarie ovvero concorrera' al controllo, diretto o indiretto, di dette societa' attraverso la partecipazione a patti di sindacato o accordi di qualunque tipo", senza fare salvi i poteri costituzionalmente spettanti alla regione Trentino-Alto Adige, per violazione degli artt. 5, n. 3), e 16 comma 1, dello statuto speciale autonomia, come nel testo unico emanato con d.P.R. n. 670 del 1972; dell'art. 3, comma 1, delle norme di attuazione emanate con d.P.R. 26 marzo 1977, n. 234; F a t t o Alla regione Trentino-Alto Adige spetta potesta' legislativa e amministrativa in materia di "ordinamento degli enti di credito fondiario e di credito agrario, delle casse di risparmio e delle casse rurali, nonche', delle aziende di credito a carattere regionale", ai sensi degli artt. 5, n. 3), e 16 comma 1, dello statuto speciale. In sede attuativa di tali disposizioni il d.P.R. 26 marzo 1977, n. 234, ha disposto (art. 3, comma 1) che rientrano nella competenza regionale "i provvedimenti riguardanti gli enti e le aziende di credito" aventi tale carattere. Codesta ecc.ma Corte costituzionale ha gia' avuto occasione di statuire quali conseguenze derivino in ordine a tale competenza regionale dal processo di attuazione di quanto disposto dall'art. 12 del d.lgs. n. 356 del 1990, ed in particolare dallo "sdoppiamento" ivi previsto degli enti di credito gia' di diritto pubblico in una societa' per azioni, che direttamente svolge l'attivita' creditizia, ed in una Fondazione che detiene il pacchetto azionario di controllo della societa' per azioni. Infatti, nel decidere una controversia instaurata dalla ricorrente regione con la sentenza n. 163 del 1995 codesta Corte ha gia' riconosciuto che fino a che permane la partecipazione di controllo, esiste un "effetto di attrazione" tra fondazioni e enti di credito, in relazione al quale spettano alla regione sulle fondazioni gli stessi poteri che ad essa spettavano sull'ente di credito, Nel caso che ha originato il conflitto si trattava del potere di approvare le modifiche statutarie, ma la medesima ratio valeva all'evidenza per ogni altro potere statutario. D'altronde, tale statuizione di codesta Corte ha semplicemente riconosciuto che non poteva non valere anche per la ricorrente regione lo stesso criterio di attrazione che la legislazione statale, e precisamente il comma 3 dell'art. 12 d.lgs., n. 356 del 1990, disponeva, per la generalita' del territorio nazionale, in favore del Ministero del tesoro, cioe' del Ministero che ha tradizionalmente rapporto con il sistema di credito. Infatti la stessa competenza di tale Ministero non avrebbe spiegazione e ragione se non si considerasse che, pur nella molteplicita' dei fini assegnati agli enti conferenti, il fine creditizio e le relative esigenze di governo continuano a costituire il carattere dominante: sicche' sarebbe stato del tutto paradossale che il legame essenziale con l'attivita' creditizia si rilevasse - nell'ambito statale - determinante per l'attribuzione della competenza al Ministero del tesoro, e che si volesse poi, sulla base di un preteso carattere non creditizio dell'attivita', negare la competenza alla regione, ovvero ad un ente che non solo ha una rappresentanza degli interessi generali della comunita' regionale, ma ha anche, tra l'altro, competenza in altre materie di operativita' della Fondazione, come accade per l'ordinamento degli enti assistenziali (art. 5, n. 2, dello statuto di autonomia). Lo stesso criterio di attuazione e' ora riconosciuto, sempre in favore del Ministero del tesoro, dell'art. 10, comma 1, del d.lgs. n. 159 del 1999, oggetto della presente impugnazione. Esso infatti dispone che "fino all'entrata in vigore della nuova disciplina dell'autorita' di controllo sulle persone giuridiche di cui al titolo II del libro primo del codice civile, ed anche successivamente, finche' ciascuna fondazione rimarra' titolare di partecipazioni di controllo, diretto o indiretto, in societa' bancarie ovvero concorrera' al controllo, diretto o indiretto, di dette societa' attraverso la partecipazione a patti di sindacato o accordi di qualunque tipo, la vigilanza sulle fondazioni e' attribuita al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica". E i poteri di vigilanza sono di seguito elencati dai rimanenti commi dell'art. 10 e 11. La ricorrente Regione ritiene che tali poteri di vigilanza le spettino, in relazione alle fondazioni aventi partecipazioni di controllo in enti in applicazione delle disposizioni dello Statuto e delle norme di attuazione sopra indicate. Per vero, il decreto legislativo qui impugnato non contiene disposizione alcuna che espressamente neghi la speciale competenza regionale. E la regione non ignora che per principio pacifico, d'altronde affermato anche in riferimento ad una questione sollevata dalla regione Trentino-Alto Adige con la sentenza n. 40 del 1992, "l'assenza nelle leggi statali di un'espressa clausola di salvaguardia delle competenze legislative spettanti alle regioni ad autonomia differenziata a alle province autonome non preclude di giungere in via interpretativa allo stesso risultato, ogni qualvolta la volonta' del legislatore nazionale di rispettare le speciali attribuzioni regionali o provinciali emerga con chiarezza e non si trovi contraddetta dalla presenza di disposizioni esplicitamente dirette ad incidere su tali attribuzioni". Ora, anche nel caso attuale la fissazione nell'art. 10 della generale competenza del Ministro del tesoro potrebbe intendersi come statuizione di una normativa di carattere generale, e non come volonta' di contraddire la speciale e perdurante competenza della regione ricorrente fondata (sempre citando dalla sentenza n. 40 del 1992) sulla "posizione di preminenza propria della disciplina attuativa dello statuto speciale rispetto alla legge ordinaria". Tuttavia, la regione Trentino-Alto Adige teme che il completo silenzio del d.lgs. n. 153 del 1999 sul punto, ed in particolare la completa assenza di una clausola di salvaguardia, simile a quella che era ad esempio contenuta nell'art. 159, comma 2, in connessione con l'art. 56, del d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia), possa in seguito essere intesa dall'amministrazione statale quale voluta riappropriazione di ogni potere da parte dello Stato. In tale caso, infatti, la reazione della regione avverso un singolo atto di esercizio dei poteri in questione, ad esempio avverso un atto ministeriale che approvasse una modifica di statuto di una fondazione che controlla una societa' per azioni avente i caratteri dell'ente di credito regionale, potrebbe risultare inammissibile per difetto di tempestiva impugnazione della legge a monte. Tuttavia, se il significato delle disposizioni del d.lgs. n. 153 del 1999, ed in particolare dell'art. 10, fosse quello qui paventato, le stesse disposizioni apparirebbero lesive della autonomia amministrativa e legislativa regionale ed illegittime per violazione dello Statuto e delle norme di attuazione per le seguenti ragioni; D i r i t t o Illegittimita' costituzionale dell'art. 10, comma 1, del d.lgs. 17 maggio 1999, n. 153, Disciplina civilistica e fiscale degli enti conferenti di cui all'art. 11, comma 1, del d.lgs. 20 novembre 1990, n. 356, e disciplina fiscale delle operazioni di ristrutturazione bancaria, a norma dell'art. 1 della legge 23 dicembre 1998, n. 461, in quanto tale decreto assegna al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica la vigilanza sulle fondazioni, senza fare salvi i poteri costituzionalmente spettanti alla regione Trentino-Alto Adige. Come esposto in narrativa, l'art. 10, comma 1, del d.lgs. 17 maggio 1999, n. 153, nel dettare la disciplina civilistica e fiscale degli enti conferenti di cui all'art. 11, comma 1, del d.lgs. 20 novembre 1990, n. 356 (cioe' delle fondazioni bancarie derivanti dalla applicazione di tale decreto), statuisce che "fino all'entrata in vigore della nuova disciplina dell'autorita' di controllo sulle persone giuridiche di cui al titolo II del libro primo del codice civile, ed anche successivamente, finche' ciascuna fondazione rimarra' titolare di partecipazioni di controllo, diretto o indiretto, in societa' bancarie ovvero concorrera' al controllo, diretto o indiretto, di dette societa' attraverso la partecipazione a patti di sindacato o accordi di qualunque tipo, la vigilanza sulle fondazioni e' attribuita al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica". I poteri connessi alla vigilanza sono poi elencati sia nella stesso art. 10, comma 3, sia nel successivo art. 11, sia in altri articoli, quali l'art. 25, comma 3. Precisamente, l'art. 10, comma 3, dispone che l'Autorita' di vigilanza: "a) autorizza le operazioni a trasformazione e fusione, escluse le operazioni dirette al mutamento della natura giuridica e degli scopi istituzionali delle fondazioni, come individuati all'art. 2; b) determina, con riferimento a periodi annuali, sentite le organizzazioni rappresentative delle fondazioni, un limite minimo di reddito in relazione al patrimonio, commisurato ad un profilo prudenziale di rischio adeguato all'investimento patrimoniale delle fondazioni; c) approva, al fine di verificare il rispetto degli scopi indicati al comma 2, le modificazioni statutarie, con provvedimento da emanarsi entro sessanta giorni dal ricevimento della relativa documentazione; decorso tale termine le modificazioni si intendono approvate; d) puo' chiedere alle fondazioni la comunicazione di dati e notizie e la trasmissione di atti e documenti con le modalita' e nei termini dalla stessa stabiliti; e) emana, sentite le organizzazioni rappresentative delle fondazioni, atti di indirizzo di carattere generale aventi ad oggetto, tra l'altro, la diversificazione degli investimenti; le procedure relative alle operazioni aventi ad oggetto le partecipazioni nella Societa' bancaria conferitaria detenute dalla fondazione, i requisiti di professionalita' e onorabilita', le ipotesi di incompatibilita' e le cause che determinano la sospensione temporanea dalla carica dei soggetti che svolgono funzioni di indirizzo, amministrazione, direzione e controllo presso le fondazioni e la disciplina del conflitto di interessi, nonche' i parametri di adeguatezza delle spese di funzionamento tenuto conto di criteri di efficienza e di sana e prudente gestione; i poteri di indirizzo sono esercitati in conformita' e nei limiti delle disposizioni del presente decreto; f) puo' effettuare ispezioni presso le fondazioni e richiedere alle stesse l'esibizione dei documenti e il compimento degli atti ritenuti necessari per il rispetto di quanto previsto al comma 2; g) emana il regolamento di cui all'art. 9, comma 5, relativo alle modalita' di redazione dei bilanci; h) puo' disporre, anche limitatamente a determinate tipologie o categorie di fondazioni di maggiore rilevanza che i bilanci siano sottoposti a revisione e certificazione ai sensi delle disposizioni di cui al d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58; i) stabilisce le forme e le modalita' per la revisione sociale dei bilanci; j) quando non siano adottati dai competenti organi della fondazione, nei termini prescritti, i provvedimenti di cui all'art. 4, comma 1, lettera j), provvede all'adozione dei provvedimenti stessi, anche su segnalazione dell'organo di controllo; k) cura l'istituzione e la tenuta di un albo delle fondazioni.". A sua volta, l'art. 11 in primo luogo dispone che "l'Autorita' di vigilanza, sentiti gli interessati, puo' disporre con decreto lo scioglimento degli organi con funzione di amministrazione e di controllo della fondazione quando risultino gravi e ripetute irregolarita' nella gestione, ovvero gravi violazioni delle disposizioni legislative, amministrative e statutarie, che regolano l'attivita' della fondazione" (comma 1). In correlazione a cio' i seguenti commi da 2 a 6 dettano la disciplina della nomina e dell'attivita' dei commissari straordinari e del comitato di sorveglianza (tale disciplina non e' qui in questione nei suoi aspetti civilistici, bensi' in quanto riguardi i poteri amministrativi dell'autorita' di vigilanza). Inoltre, secondo il comma 7 dello stesso art. 11, l'Autorita' di vigilanza "puo' disporre con decreto la liquidazione della fondazione, in caso di impossibilita' di raggiungimento dei fini statutari e negli altri casi previsti dallo statuto", provvedendo a "nominare uno o piu' liquidatori ed un comitato di sorveglianza". Inoltre, secondo il comma 8 "quando ricorrono particolari ragioni di interesse generale l'Autorita' di vigilanza puo' provvedere alla liquidazione coatta amministrativa". Ancora, ai sensi del comma 9, l'Autorita' di vigilanza "puo' sospendere temporaneamente gli organi di amministrazione e di controllo e nominare un commissario per il compimento di atti specifici necessari per il rispetto delle norme di legge, dello statuto e delle disposizioni ed atti di indirizzo di carattere generale emanati dalla stessa Autorita', al fine di assicurare il regolare andamento dell'attivita' di fondazione". Infine, l'art. 25, comma 3, dispone che "qualora la fondazione, scaduti i periodi di tempo rispettivamente indicati ai commi 1 e 2, continui a detenere le partecipazioni di controllo ivi previste, alla dismissione provvede, sentita la fondazione ed anche mediante un apposito commissario, l'Autorita' di vigilanza, nella misura idonea a determinare la perdita del controllo e nei tempi ritenuti opportuni in relazione alle condizioni di mercato ed all'esigenze di salvaguardare il valore del patrimonio". Puo' essere opportuno osservare che la vigilanza di cui si parla nel decreto legislativo n. 153 del 1999 e' cosa del tutto diversa rispetto alla vigilanza sull'attivita' bancaria di cui all'art. 51 s.s., del relativo testo unico, la quale d'altronde non spetta al Ministero del tesoro ma alla Banca d'Italia. Si tratta invece di vigilanza tipicamente amministrativa sulla vita della fondazione titolare del pacchetto azionario di controllo della societa' bancaria conferitaria. Insomma, si tratta dei tipici "provvedimenti riguardanti gli enti e le aziende di credito" che a termini delle norme di attuazione di cui all'art. 2 del d.P.R. n. 234 del 1977 appartengono alla competenza propria della ricorrente regione quando si tratti di aziende di credito regionali, nel senso precisato dalle stesse norme di attuazione. D'altronde, alcuni dei poteri dell'autorita' di vigilanza come previsti dal decreto legislativo qui impugnato e come sopra esposti trovano piena corrispondenza in quelli elencati, a titolo meramente esemplificativo, dalle norme di attuazione di cui all'art. 3 dello stesso d.P.R. n. 234. Cosi' ad esempio in tale normativa di attuazione espressamente si riservano alle autorita' regionali, tra l'altro, le autorizzazioni alla fusione (lett. a), l'approvazione delle modifiche statutarie (lett. d), l'amministrazione straordinaria e la messa in liquidazione (lett. f); con chiara corrispondenza con i poteri di cui all'art. 10, lett. a) e c), nonche' con i poteri di cui all'art. 11, comma 1. Inoltre, nell'esercizio delle proprie competenze la regione Trentino-Alto Adige ha anche disciplinato con la legge 22 marzo 1987, n. 1, i requisiti di onorabilita' e professionalita' degli amministratori, dei sindaci e dei partecipanti al capitale, materia in buona parte corrispondente con quella dell'art. 10, comma 3, lett. e). Ma va sottolineato che l'elencazione dell'art. 3 delle norme di attuazione e' meramente esemplificativa di una competenza estesa a tutti i provvedimenti relativi agli istituti di credito, cui puo' dare vita la "vigilanza amministrativa" sull'ente. Ne' puo' obbiettarsi che nel caso delle fondazioni non si tratti di enti creditizi, dato che, almeno sino a quando tali fondazioni mantengano la partecipazione di controllo nella societa' bancaria conferitaria, non si puo' negare quella loro "attrazione" nell'orbita degli enti creditizi gia' affermata da codesta ecc.ma Corte costituzionale nella sentenza n. 163 del 1995, secondo quanto gia' illustrato in narrativa che qui si richiama. In questi termini, l'art. 10, comma 1, in connessione con le disposizioni che concretamente disciplinano i poteri dell'autorita' di vigilanza (art. 10, comma 3, art. 11, commi 1, 7, e 9, art., 25, comma 3), ove inteso come rivolto a statuire la competenza statale all'esercizio dei poteri che invece statutariamente spettano alla regione Trentino-Alto Adige in relazione agli enti di credito regionali, ivi comprese le fondazioni bancarie, risulta costituzionalmente illegittimo.